mercoledì 28 dicembre 2011

PIERINA


Cara Pierina, ti aspettavo la mattina con ansia perchè eri l’unico diversivo della giornata.
Veniva dal paese di Ponzano, a pochi chilometri da Treviso e subito si metteva a cantare a squarcia gola ed a lucidare i pavimenti in ginocchioni. Per me era l’occasione di saltarle in groppa e così avevo l’impressione di galoppare e protestavo se si fermava a prendere fiato.
A fare la spesa correva volentieri perchè un giovane garzone, bello ed atletico, le faceva la corte e le diceva “belle paroline”. Lei era felice e ogni occasione era buona per andare in negozio, anche per un solo etto di conserva di pomodori.
Scoppia la guerra, e lui parte per il fronte, viene fatto prigioniero e mandato in India. La povera Pierina gli è fedele per 11 anni tra guerra e prigionia. Al rientro di lui dall’India, sia perchè erano passati tanti anni e qualche filo d’argento si intravvedeva tra i capelli bruni di lei, sia perchè il contatto con altre persone in prigionia lo aveva affinato, il bel giovane le dice “chiaro e tondo” che non intende sposarla. Il padre di lui lo rincorre con il fucile e alla fine lo caccia di casa per aver tenuto impegnata una ragazza per tanti anni. Alla fine per non perdere l’eredità minacciata dal padre, ritorna dalla Pierina ma lei non cede.
Noi eravamo tutti per Pierina la quale nel trasferimento nostro da Treviso ad Ancona disperata voleva seguirci. I miei non hanno accettato perchè non volevano che si sacrificasse per noi.

N.A.

LA PRIMA VIOLA


Oggi ho raccolto la prima viola
tra le foglie secche del boschetto
il primo fiore profumato della primavera
che inebria di gioia il volo della farfalla.

Un tempo l’avrei donato alla mamma.
per avere un sorriso, un gesto affettuoso.
Oggi lo poso nel mio libro di poesie
perché una sera mi racconti qualcosa.
                                     
                                      C.U.

venerdì 30 settembre 2011

OGNI SERA!

ASPIO 1945

Sotto casa nostra abitava una famiglia di operai: padre, madre e vari figli, tra cui uno di due anni che era continuamente attaccato al petto della madre che gli serviva da “ciucio”, in quanto non veniva una goccia di latte.
Il maggiore dei figli - diciotto anni - era spavaldo, si era dato al mercato nero e da ogni tasca della giacca spuntavano le famose Am-Lire.
Automobili arrivavano, partivano, si scaricava, si caricava. Non si capiva proprio nulla!
La mia famiglia ricorreva al ragazzo per comperare lo zucchero che veniva spudoratamente venduto nel 1945 a mille Lire al chilo. A peso d’oro!
Un brutto giorno arriva la Polizia italiana e alleata a sirene spiegate: tutta la famiglia era stata fatta distendere a terra sotto tiro di fucile.
Era la prima volta che anche noi eravamo coinvolti negli interrogatori. Finalmente veniamo a sapere che nella notte il giovane aveva ucciso un mercante e gli aveva portato via i soldi cuciti nella fodera della giacca che era stata ridotta in brandelli.
Mio padre volle assistere al processo in Assise ad Ancona e sul più bello, quando il ragazzo era stato portato in aula in catene, ha osato rivolgersi a lui ridendo e gridando: “Professo’, le vuole compra’ queste?” - indicando le catene.
Mio padre si è trovato al centro della curiosità e pallido il volto per la vergogna di conoscere simili persone, lui che non ha mai rubato uno spillo a nessuno. “Siamo persone oneste!”. E un velo di pietà si è steso sulla famiglia del nostro cortile.
N.A.

MARCHE

Per tutta la seconda guerra mondiale il mio incubo costante è stata la fame. Già dalla mattina, quando andavo al forno, ingoiavo in un baleno e due panini forniti dalla “tessera”. E poi acqua, acqua per saziare il mio stomaco quasi sempre vuoto.
Un giorno vengo a sapere che un una fattoria distante qualche chilometro dalla casa di noi sfollati si vende del latte. Corro anch’io con due fiaschi; tanta è la pena che faccio con due occhiaie fonde da denutrita che un vecchietto mi allunga la mano e mi fa la carità: cinquanta centesimi.
Resto di sasso, mi sale la commozione alla gola e do libero sfogo al mio pianto. Sogno una tazza di latte caldo e non solo per me, ma a casa c’è mio padre, sfuggito ai rastrellamenti, e mia madre che mi aspettano in ansia. Ma nella fretta cado e i due fiaschi di latte vanno in frantumi. Tanto è il dolore che mi distendo in un fosso e aspetto di morire.
A tarda notte cominciano le ricerche e vengo trovata nella scarpata del fosso senza forze.
N.A.

lunedì 15 agosto 2011

ELMO FARINA

IL VIAGGIO DELLA MEMORIA


Mi porta lontano
questo viaggio della memoria,
quando a sera un altro giorno
della vita muore ed un altro
sorge sulle campagne friulane
così troppo presto abbandonate
ma che sempre il cuore ritrova
nei ricordi che là ho lasciato.
Rivedo i poveri cortili delle case,
i prati collinari dei magredi,
le vigne sparse tra i campi
di granoturco e frumento,
i boschetti nei difficili coltivi,
le acque saltellanti dei torrenti
tra bianche ghiaie dei monti,
e poi silenziose verso il mare.

E mi soffermo al tramontare
sui carri stanchi che fanno ritorno
al suono dolce della campana
che nel petto rintocca e pare la voce
d’una madre che i figli chiama.
Piccoli paesi odorosi di fieno e letame,
con le vecchie case di coppi rossi
strette a ridosso delle chiese,
le bianche piazze con il pozzo,
le osterie dove stare un pò insieme.

Ed ancora inseguo le stagioni,
i giorni opalescenti dell’inverno
chiusi nei silenzi di brina e neve,
i venti profumati della primavera,
gli infuocati tramonti dell’estate
che mescola i colori del cielo
con  quello dei campi dall’afa stremati.

Sì, questo viaggio non ha fine
se il distacco non si perde
nel tempo dell’oblio e sente
ancora struggente le voci là rimaste,
se ritrovo all’ombra dei platani
di quelle amate strade la mia pace.
C.U.

mercoledì 11 maggio 2011

LE CIMICI



Nessuno sa quello che vuol dire essere assaliti dalle cimici. Proprio le cimici! Che orrore!
Durante i miei forzati pellegrinaggi da sfollata, ci è capitato di trovare a fatica un piccolo appartamento costituito da cucina, camera e un gabinetto all’aperto. Dopo aver aperto i nostri fagotti e messo un po’ in ordine le nostre cose, ci corichiamo. Eravamo stanchi, sfiniti, avevamo attraversato il fronte sotto le granate su un motocarro che trasportava gabbie di galline.
Nel cuore della notte cominciamo a sentire prurito, ci svegliamo, accendiamo la luce e con schifo constatiamo di essere assaliti (babbo, mamma ed io) da una marea di bestioline rosse che ci pungevano e correvano da ogni parte. Un urlo di disperazione! Che fare? Dopo varie informazioni si è cominciata l’opera di disinfestazione: fuoco alle reti di ferro nei cui interstizi si nascondevano le bestioline. Questo calvario si doveva ripetere ogni giorno e per isolare il letto si dovevano immergere i piedi in barattoli pieni di DDT per impedirne l’assalto.
N.

GUERRA, POVERTA', FAME

La guerra, la povertà, la fame mi hanno domata: ho perso il coraggio, la mia irrequietezza, l’argento vivo che era in me. Mi sono chiusa. E così per tanti anni.
N.

sabato 30 aprile 2011

BRUNO DA OSIMO

6 Gennaio 1997


Oggi è l’Epifania. E’ una giornata uggiosa, non ho voglia di fare nulla, solo i ricordi della mia infanzia mi fanno compagnia.
La Befana è il giorno più atteso dell’anno: letterine imploranti tante belle cose venivano messe sulla finestra con un bicchiere di vino e un po’ di fieno per l’asinello.
Ma ecco quella notte un gran dolore! Sento un rumore in cucina, scalza scendo le scale e cosa vedo? La mamma stava preparando la calza: cercava di infilare un golfino azzurro e lo zio Cesare stava preparando al forno i “ vecchioni “di pasta dolce.
Non potrò mai dimenticare quella scena! Chissà quanta fatica per trovare un chilo di farina! Era il 1940, anno di guerra e di stenti. Piano piano senza farmi sentire sono corsa in camera mia sotto le coperte a piangere sulla mia prima delusione della vita, sulle mie prime amarezze.
La mattina seguente ho fatto gran festa come se nulla fosse accaduto, ma la mia spensierata fanciullezza era finita e la realtà era dolorosa.
Ho sempre conservato i bottoncini del mio golfino come ricordo: rappresentavano Biancaneve e i Sette Nani.
N.

sabato 23 aprile 2011

LA GUERRA D’AFRICA

1937.
Campane a distesa: si festeggia l’inizio della Guerra d’Africa, gran subbuglio per la mia via, Coletti, anche a casa mia si spalancano le finestre e si espone la bandiera d’Italia.
Ma ecco che vedo la mia mamma seria seria. Che c’è? Si richiudono le finestre a lutto? Come mai? Per mia madre è un funerale; e così per zio Cesare e zia Catina che vivono con noi. Il babbo, più fascista del duce, grida: “ Vi denuncio tutti! “.
Così termina una giornata memorabile della mia vita.
N.

sabato 16 aprile 2011

C’ERA UNA VOLTA


Come è bello essere bambini, senza freni, senza pregiudizi, senza problemi.
Natale 1935 - Grande appuntamento: dovevo uscire con mio padre! Era un vero avvenimento poiché gli uomini non erano soliti uscire con i figli bambini, ma una volta l’anno mio padre era tutto per me.
“ Babbo, voglio questo “, “ voglio quello “, “ voglio tutto “. Camminavo con baldanza, mi davo arie, quando incontravo altre bambine di mia conoscenza.
Sembravamo due persone in vacanza.
Allungavo il passo per stare alla pari con il mio babbo.
Finalmente in centro: le vetrine, tante luci, tante palline che brillavano, tanto filo d’oro e d’argento. Tante statuine. Solo l’imbarazzo della scelta, ma bisogna fare i conti in tasca. Comunque tornavo a casa felice con qualche statuina che andava ad arricchire il mio presepe - grazie babbo!
Che bel giorno!
N.